L’importanza di una sana alimentazione per la salute futura dei nostri bambini

L’importanza di una sana alimentazione per la salute futura dei nostri bambini

La disponibilità e l’abbondanza di cibo dei paesi occidentali hanno profondamente cambiato le abitudini alimentari dell’uomo e dei bambini negli ultimi 50-70 anni. Se un tempo le tavole erano ricche di frutta, verdura, cereali e legumi oggi troviamo carrelli pieni di alimenti industriali caratterizzati prevalentemente da farine raffinate,
zuccheri semplici, grassi e proteine. Sempre più spesso la qualità lascia il posto alla quantità e non si può negare come queste nuove abitudini alimentari siano alla base della maggior parte delle principali patologie cronico-degenerative che caratterizzano  questo periodo storico, quali il diabete, l’ipertensione, l’obesità, le malattie cardiovascolari e il cancro.

Secondo i più recenti dati del WHO l’obesità nel mondo è più che raddoppiata negli ultimi trent’anni, arrivando a colpire largamente anche i più piccoli [1]. Nel 2013 erano 42 milioni i bambini sotto i 5 anni che presentavano un eccesso ponderale. In questo contesto l’Italia si pone ai primi posti in Europa per il numero di bambini obesi e in sovrappeso. Secondo gli ultimi dati del progetto Okkio alla Salute, finanziato dal Ministero della Salute, i bambini in sovrappeso in Italia nel 2014 erano il 20,9% e quelli obesi il 9,8% [2]. Tra le principali cause le scorrette abitudini alimentari la fanno da padrona. Il grande problema è che nel 50-60% dei casi un bambino obeso sarà un adulto obeso. Sappiamo bene come l’obesità sia un fattore di rischio per le patologie sopra citate e sappiamo anche come questa condizione sia facilmente prevenibile semplicemente modificando lo stile di vita e l’alimentazione. In questo senso i bambini, grandi emulatori per loro indole, dovrebbero essere educati a scelte alimentari più salutari e la scuola in questo senso potrebbe giocare un ruolo centrale.

I fabbisogni del bambino

A differenza di quanto si pensi i bambini non hanno bisogno di molte proteine per crescere, ma necessitano soprattutto di carboidrati (la principale fonte di ene
rgia) e grassi (soprattutto i bambini molto piccoli). L’ultima revisione dei LARN [3] ha fissato il fabbisogno proteico tra 0,94 e 0,99 g/kg al giorno nella fascia di età compresa tra i 4 e i 13 anni, cioè tra 14 e 48g di proteine al giorno (nello specifico un bambino che frequenta la prima o la seconda elementare dovrebbe assumere circa 20g di proteine al giorno , un bambino di quarta o quinta elementare circa circa 30g  mentre un bambino che frequenta la scuola media circa 48g). Questa quantità di proteine è facilmente raggiungibile a partire da cibi vegetali come legumi, verdure cereali e frutta secca e viene invece spesso superata con l’assunzione di alimenti proteici di origine animale come carne, pesce e derivati come mostrato in tabella.

 

Pasto

Alimento

Quantità (g)

Tot Proteine pasto

Colazione

Latte di mucca (200ml)

Cereali per la colazione (50g)

6,4

3,3

9,7g

Merenda

Pane (60g)

Prosciutto (30g)

5,1

7,6

12,7g

Pranzo

Pasta (80g)

Parmigiano (5g)

Pane (50g)

Carne (60g)

Verdura (100g)

Frutta (150g)

8,7

1,7

4,3

13,8

1,3

0,3

30,1g

Merenda

Yogurt (125g)

Frutta (100g)

4,7

0,3

5g

Cena

Pesce (100g)

Pane (100g)

Verdura (100g)

Frutta (150g)

17

8,6

1,3

0,3

27,2g

Totale proteine nella giornata

84,7g

 

Tabella 1.1 Dati ricavati dalle “Tabelle di composizione degli alimenti, INRAN”

Si nota infatti come con il solo pranzo si raggiunga il fabbisogno giornaliero di proteine (le grammature del pranzo indicate in tabella sono quelle previste dalle Linee Guida Nazionali per i bambini delle scuole elementari [4])  e considerando che la maggior parte delle famiglie tende a consumare un secondo piatto come portata principale a cena è facilmente comprensibile come la quota di proteine assunta a fine giornata dai bambini sia realmente eccessiva.

Porre attenzione alla quota proteica è di fondamentale importanza in quanto l’eccesso di proteine, soprattutto nei primi due anni di vita e nell’età tra i 5 e i 6 anni, è stato più volte correlato con l’aumento di peso nell’adolescenza e nell’età adulta e questa associazione risulta particolarmente evidente per il consumo di latte e latticini a causa del conseguente aumento dei livelli di insulina e IGF-1 [3,4,6]. Non ci sono studi che dimostrino la necessità di mangiare più proteine del dovuto anche perché il nostro organismo non può accumularle e depositarle (come invece può fare per i carboidrati attraverso il glicogeno e per i grassi attraverso il tessuto adiposo) e quindi le proteine in eccesso saranno semplicemente trasformate in energia. Sappiamo inoltre che non è necessaria la carne per la crescita e che non sono necessari i latticini per avere ossa forti e robuste. Servono invece proteine, ferro e calcio ma questi nutrienti non si trovano solo nella carne e nei latticini ma bensì in molti alimenti vegetali (per esempio i legumi sono ricchi di ferro e proteine, l’acqua minerale, alcune verdure e la frutta secca sono ricchi di calcio e così via). I latticini in particolare possono provocare problemi intestinali, allergie e peggiorare l’asma [7]. Paradossalmente l’eccesso di proteine sembra favorire una maggior perdita di calcio e non esiste infatti una correlazione positiva tra consumo di latticini e riduzione del rischio di osteoporosi. Il concetto quindi è che i bambini non necessitano nello specifico di un alimento piuttosto che di un altro ma hanno bisogno di macro e micro nutrienti nelle giuste quantità e la dieta mediterranea tradizionale (quella vera, basata prevalentemente su cereali integrali, legumi, frutta, verdura, olio evo, frutta secca ed occasionalmente pesce, carne e latticini) sarebbe sicuramente l’alimentazione da preferire.  Inoltre la qualità delle proteine consumate oggi necessita sicuramente un po’ di attenzione dal momento che molti alimenti conservati (come salumi, affettati, crocchette, wurstel e simili) sono arricchiti con zucchero, sale e conservati (quali nitriti e nitrati). Negli allevamenti intensivi è inoltre permesso l’uso di farmaci e antibiotici a scopo preventivo e queste sostanze si ritrovano nei prodotti che consumano i bambini. La LAV (Lega Anti Vivisezione), con il suo report annuale del 2010 [8], ha stimato che il consumo pro capite medio di carne (circa 90kg l’anno) equivale a quattro terapie antibiotiche l’anno. Questo crea grandi problemi per l’insorgenza di nuovi batteri sempre più resistenti agli antibiotici con fenomeni di antibiotico resistenza nell’uomo che causano il fallimento delle terapie. La Commissione Europea stima che ogni anno 25mila pazienti muoiano a causa di infezioni causate da microrganismi resistenti, con costi sanitari che ammontano a più di 1,5 miliardi di euro l’anno.

E’ il momento di fare un passo indietro e tornare a nutrirci di quello di cui realmente abbiamo bisogno. Mangiamo 5-6 volte al giorno e, per quanto possa sembrare banale, l’alimentazione può essere un’arma potente per la nostra salute, sia in positivo che in negativo. Per questo è importante prestare maggiore attenzione all’alimentazione dei bambini, tralasciando i luoghi comuni e le pubblicità, sia a casa che a scuola.

Perché un menù prevalentemente a base vegetale

I bambini passano gran parte del loro tempo a scuola e quasi il 50% della loro alimentazione avviene quotidianamente fuori casa. Le attuali linee guida nazionali per la ristorazione scolastica [4]  propongono pasti completi (primo, secondo, contorno, pane e frutta/dolce) con l’alternanza di proteine animali come secondo piatto (carni rosse e bianche, pesce, uova, formaggio e salumi). I legumi, previsti 1-2 volte a settimana, sono solitamente proposti come primo piatto (minestra) o come contorno e raramente come 2° piatto. Così la maggior parte dei menù prevedono nella settimana scolastica l’alternanza di sole proteine animali. Si può stimare che se il bambino mangiasse tutto quello che gli viene servito con il solo pranzo raggiungerebbe il suo fabbisogno proteico giornaliero o potrebbe addirittura superarlo. Non dovrebbe quindi mangiare altre proteine nella giornata (niente latte a colazione, niente affettato a merenda, niente secondo a cena) ma le cose non stanno così.

Non vale forse la pena rispettare un po’ di più la salute dei nostri figli?

Un menù prevalentemente a base vegetale potrebbe essere più in linea con i reali fabbisogni dei bambini ed eviterebbe gli eccessi di proteine e grassi saturi precedentemente menzionati in quanto gli alimenti proteici di origine vegetale (rappresentati prevalentemente dai legumi ma anche dalla soia e dai suoi derivati) hanno un quantitativo proteico inferiore rispetto agli alimenti di origine animale. Anche la qualità delle proteine è inferiore (eccezion fatta per la soia) ma sappiamo bene come l’associazione di cereali e legumi permetta l’assunzione di tutti gli aminoacidi essenziali grazie al concetto di complementarietà proteica (infatti cereali e legumi sono generalmente considerati fonti di proteine non nobili in quanto carenti rispettivamente degli aminoacidi lisina e metionina, ma l’associazione dei due alimenti è in grado di garantire appieno tutti gli aminoacidi essenziali). Inoltre i legumi sono ricchi di ferro, calcio e altri minerali oltre che di fibra e se guardiamo bene sono alla base della piramide alimentare della Dieta Mediterranea. I nostri nonni consumavano prevalentemente cereali e legumi, accompagnati da frutta e verdura,nella maggior parte dei giorni della settimana e i prodotti di origine animale erano presenti in minima parte, spesso solo la domenica. La dieta dei “poveri” era in realtà molto più ricca ed equilibrata di quella di molti paesi “ricchi” di oggi.

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L’idea è quindi quella di inserire nel menù scolastico maggiormente i legumi e le proteine di origine vegetale e al contempo ridurre quelle di origine animale. Su cinque pasti settimanali potrebbero essere proposte 3 volte le proteine vegetali e 2 volte quelle animali alternando di settimana in settimana carne, pesce, uova e latticini. Con i legumi si potrebbero preparare piatti semplici e gustosi come la farinata di ceci, il purè di lenticchie, l’hummus ma anche piatti unici della nostra tradizione come la zuppa, la minestra di farro e via dicendo.

“Ma i bambini non mangiano la verdura”

“I bambini non mangiano i legumi”

“il grosso del cibo preparato dalla mensa viene buttato, soprattutto le verdure”

Si, è vero, ci sono attualmente delle serie criticità legate soprattutto ai gusti dei bambini. Ma i gusti dei bambini dipendono prevalentemente dalle abitudini alimentari della famiglia, degli amici e di chi mangia con loro. I bambini imitano. Se noi mangiamo con loro cibi vegetali e li mangiamo con piacere ci saranno buone probabilità che lo facciano anche loro.

Vantaggi e Criticità di un menù prevalentemente vegetale

Analizziamo brevemente quali siano i vantaggi che un menù prevalentemente vegetale potrebbe portare ai bambini, alla comunità e all’intero pianeta e successivamente le criticità attualmente presenti ma anche le soluzioni per poter iniziare il cambiamento.

I principali vantaggi legati all’adozione di un menù prevalentemente vegetale da parte delle mense scolastiche sono:

  • Miglioramento dello stato di salute. Gli studi sui vegetariani dimostrano che questo tipo di alimentazione risulta efficace nel migliorare il controllo glicemico e ridurre il rischio di diabete [9], nella prevenzione cardiovascolare grazie alla riduzione della pressione arteriosa e dei livelli di colesterolo totale e LDL oltre che di proteina C reattiva e insulina [10], nella prevenzione del sovrappeso e dell’obesità [11] grazie alla maggior presenza di fibre e alimenti a minor densità calorica nella dieta. L’alimentazione prevalentemente a base vegetale è inoltre quella maggiormente in grado di soddisfare tutti i fabbisogni in micro e macro nutrienti dei bambini, evitando eccessi di proteine, grassi saturi e colesterolo legati invece all’alimentazione eccessivamente ricca di proteine animali. Inoltre la riduzione del consumo di alimenti di origine animale si accompagnerebbe alla riduzione del problema legato alla resistenza agli antibiotici dovuta all’uso massiccio di queste sostanze negli allevamenti.
  • Maggior rispetto per l’ambiente. I costi nella produzione di cibo sono molto variabili in funzione dell’alimento prodotto e tutti gli studi confermano che la carne, ed in particolar modo quella di manzo, è l’alimento con impatto ambientale maggiore [12, 13, 14, 15]. L’impatto ambientale dell’attuale modello alimentare si riflette su tre aspetti principali: lo spreco di cibo, lo spreco di acqua e l’inquinamento. Riguardo allo spreco di cibo il problema è legato al fatto che la maggior parte dei terreni oggi coltivati è destinato all’allevamento. Per produrre 1Kg di carne servono mediamente 15Kg di cereali , infatti gli animali mangiano molte più calorie di quante ne possano fornire con la carne ottenuta risultando in questo senso una fabbrica di proteine alla rovescia altamente inefficiente. Consumare direttamente i prodotti vegetali che, come più volte ribadito sono sufficienti a soddisfare i fabbisogni di tutti, potrebbe ridurre drasticamente lo spreco di risorse e di cibo che potrebbero così essere destinati alle popolazioni in via di sviluppo e a tutti quei paesi in cui a tutt’oggi si muore per carenza di cibo. Il problema della fame nel mondo è infatti dovuto ad una disomogenea distribuzione delle risorse e non alla carenza reale di cibo. Riguardo allo spreco di acqua basti pensare alla quantità necessaria per irrigare i campi (per la produzione di mangimi), per abbeverare gli animali, per pulire le stalle. Si stima che per la produzione di 1 kg di manzo da allevamento intensivo servano 100.000 litri di acqua mentre per 1 Kg di pollo ne servano 3500 mentre sono sufficienti 500-2000 litri per lo stesso quantitativo di alimenti vegetali [15]. Per quanto riguarda l’inquinamento il problema è legato all’emissione di gas serra dovuto sia alle deizioni animali sia ai processi di lavorazione e produzione legati all’allevamento. A differenza di quanto si creda l’emissione di gas serra da parte del settore zootecnico  (18%) è maggiore di quella legata ai trasporti (13%).
  • Maggior rispetto per gli animali. L’aumento della domanda di carne ha portato al sempre maggiore sviluppo di allevamenti intensivi, veri e propri lager in cui gli animali nascono con il solo scopo di essere velocemente cresciuti per esser poi uccisi e venduti. Gli spazi a disposizione sono minimi, le condizioni igieniche precarie, i naturali ritmi di crescita alterati e l’alimentazione modificata al fine di favorire la crescita rapida. L’uso di farmaci e antibiotici è permesso.
  • Il risparmio economico. Il prezzo dei prodotti di origine animale (carne, pesce, latticini) è mediamente 2-3 volte superiore rispetto a quello degli alimenti proteici di origine vegetale (legumi e cereali). Considerando che circa il 50% del costo pasto è legato alle materie prime si intuisce come la sostituzione dei secondi piatti a base di carne, pesce, uova e formaggi con alternative a base di legumi potrebbe ridurre i costi e quindi la spesa totale per le famiglie.
  • Minor spreco. Come accennato in precedenza gran parte del cibo preparato dalle mense scolastiche finisce nella spazzatura e questa situazione è davvero incresciosa soprattutto alla luce delle difficoltà economiche che colpiscono molte famiglie nel nostro paese e nei paesi esteri. Lo spreco di prodotti vegetali è sicuramente spiacevole ma a maggior ragione lo spreco di carne e prodotti animali lo è ancora di più. Dal momento che milioni di animali vengono allevati ed uccisi per soddisfare la domanda di carne dei paesi occidentali, il fatto di avere grammature fisse per la ristorazione collettiva che però difficilmente coincidono con l’effettivo consumo porta ad uno spreco di cibo davvero ingiustificato. Dal momento che i bambini consumano solo il pranzo a scuola un menù prevalentemente vegetale potrebbe lasciare comunque liberi i genitori di somministrare la carne o gli alimenti di origine animale nel pasto serale nelle quantità che il bambino realmente consuma in modo da evitare inutili sprechi.
  • Maggior qualità. La ristorazione collettiva per ragioni logistiche e igienico-sanitarie impone delle restrizione nella scelta di alcuni alimenti. Ad esempio le uova utilizzate sono spesso quelle pastorizzate in brick (per evitare il rischio di contaminazioni dovute alla presenza di uova e gusci) e  il pesce è sempre congelato e quindi mai pesce azzurro fresco. Per rimanere in linea con i fabbisogni proteici dei bambini abbiamo già visto come il secondo piatto dovrebbe essere previsto una sola volta al giorno. Ma non sarebbe più salutare dare ai nostri bambini le uova della nonna o del nostro amico contadino che ha le sue galline che razzolano in campagna invece di quelle pastorizzate? E non sarebbe più salutare dare ai nostri bambini del buon pesce azzurro fresco di piccola taglia, locale e di stagione ricco di acidi grassi omega 3 e poco inquinato invece che ricorrere a pesce congelato spesso proveniente dall’Atlantico o dal Pacifico (meno sostenibile e meno salutare)?

Da quanto detto è semplice capire come un menù prevalentemente a base vegetale non potrebbe che essere vantaggioso per la salute e la qualità nutrizionale dei nostri figli e per l’intero pianeta.

Resta tuttavia da considerare la più grande criticità: come far mangiare ai bambini del buon semplice e sano cibo vegetale?

Il fatto che i bambini consumino solo parte delle pietanze proposte può essere ricondotto a varie motivazioni che vanno dal gusto personale alle abitudini familiari, all’ambiente in cui viene consumato il pasto al sapore del cibo e al modo in cui questo viene presentato. Esiste inoltre il problema legato alle merende di metà mattina che, se abbondanti (per esempio pane o schiacciata con affettato o merendine) possono favorire la sazietà e compromettere il consumo del pasto, soprattutto se si tratta di alimenti a loro meno graditi o poco conosciuti. Un aspetto importante da considerare è anche quello delle neofobie (paura del nuovo) problematica molto frequente nei bambini che può spiegare il motivo per cui le verdure siano spesso rifiutate. L’innata predisposizione verso cibi dolci, salati e ad alta densità energetica fa si che la neofobia sia più facilmente legata ad alimenti poco saporiti e poco dolci quali appunto le verdure. Inoltre i bambini sono molto abitudinari nelle loro scelte alimentari e la spiegazione potrebbe proprio essere legata al fatto che i cibi conosciuti li rassicurino mentre gli alimenti nuovi e sconosciuti siano meno rassicuranti. La neofobia verso il cibo è praticamente assente nei primi mesi di vita per poi divenire molto importante dell’infanzia e nell’età scolare e poi calare nell’età adulta. E’ evidente come la paura verso cibi nuovi porti facilmente al rifiuto dei piatti proposti da un menù prevalentemente vegetale. Intervenendo su questo aspetto probabilmente sarebbe possibile favorire una sempre maggior consumo di alimenti quali le verdure e i vegetali in genere.

Quali sono dunque le possibili soluzioni?

  • La neofobia è superabile con l’esposizione. Gli studi dimostrano che sono necessarie dalle 5 alle 10 esposizioni ai cibi nuovi per aumentare le probabilità di consumare l’alimento [16]
  • Il ruolo dei genitori e delle insegnati è fondamentale. I bambini imitano la mamma principalmente ma anche i coetanei e le maestre. Se questi mangiano cibi vegetali e li mangiano con piacere anche il bambino sarà propenso a farlo.
  • Il cibo deve essere buono, ben cucinato e possibilmente ben servito. Esistono ricette facili ma al contempo gustose a base di legumi e cereali che vanno oltre i semplici ceci e fagioli all’olio. I bambini mangiano prima con gli occhi e poi con la bocca, quindi se il piatto è bello e colorato sarà più facile che lo consumino.
  • Coinvolgere i bambini nelle preparazioni. I bambini amano cucinare, amano “giocare” con il cibo e coltivare un orto e sono più propensi a consumare gli alimenti preparati e cucinati da loro.

La sinergia tra i genitori, le insegnanti e la cucina grazie allo sviluppo di ricette capaci di rendere gustose e appetibili le verdure e ad un percorso di educazione alimentare potrebbe essere il punto di partenza per un graduale cambiamento e miglioramento delle abitudini alimentari delle famiglie e l’acquisizione di nozioni importanti per i bambini e per la loro salute futura da portare avanti per tutta la vita.

I bambini devono essere educati ad una sana e corretta alimentazione e al contempo i genitori devono essere informati su quali siano i cibi più adatti ai fabbisogni dei loro figli.